Nel giorno del rallestramento del Ghetto di Roma la storia di “Moretto” il boxeur partigiano

16 ottobre1943 sono passati esattamente 70 anni da quella tremenda giornata a Roma, quando gli ebrei romani furono rastrellati in massa per essere diretti, su carri piombati, ai campi di concentramento e alle camere a gas.
Una triste coincidenza della sorte ha voluto che in questi giorni si parlasse di un uomo che fu protagonista negativo di quella tragedia che fu il nazifascismo, il famigerato capitano delle SS mai pentito e morto in questi giorni, ma proprio in questo giorno dedicato alla memoria preferiamo raccontare la storia positiva di chi non si piegò mai.
Pacifico Di Consiglio era un boxeur del Ghetto, sfuggì al rastrellamento ma non sfuggi mai alle sue responsabilità, si impegnò a Roma per difendere la sua gente e la sua città, pur soffrendo sulla propria pelle torture e violenze.

La sua vita è quasi il copione di un film d’azione, catturato più volte, imprigionato da fascisti ed SS in via Tasso, a Regina Coeli o alla Magliana, riesce sempre a sfuggire nella maniera più rocambolesca e coraggiosa, ma non si nasconderà mai ne si sottrarrà alla lotta, anche da partigiano del Partito D’Azione.

Lotta con i pugni, con e senza guantoni o con le armi ma desidero che a raccontarvi la sua storia sia chi la conosce meglio di me, qui nella descrizione del libro a lui dedicato dal figlio o in questi articoli su La Stampa e Repubblica.

Io desidero solo accostare la sua storia a quella di un altro “pugile resistente”, anche lui perseguitato per la sua etnia ma mai piegatosi dai nazisti, “Rukelie” il pugile nomade che pagò con la vita nel campo di concentramento la sua ribellione al regime e la sua estrema provocazione di prensentarsi sul ring bianco di farina per irridere la dottrina razzista del mito ariano.

Mi rimane solo una ultima considerazione rileggendo la storia di Moretto e Rukelie, la loro vita fatta di scelte coraggiose e di pericoli dimostra che c’è un’alternativa ad ubbidire agli ordini e che la dignità di un uomo si misura anche dalle conseguenze ai propri gesti che egli è disposto ad accettare.


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